LA PFM INCANTA VERONA RICORDANDO "FABER"

E tu dirai: "E’ facile: una calda sera d'estate, l'abbraccio tenero del teatro romano di Verona con la sua acustica perfetta, le canzoni di De Andrè come davanti un falò in spiaggia, tanti, troppi anni fa". Eppure bisognava esserci per capire.
Per quanto si provi a raccontarlo, quello che resta del concerto che la Premiata Forneria Marconi ha voluto regalarci domenica 29 Agosto è un sentimento misto di gioia e di dolore, per tutto quello che Faber ha saputo regalarci e per la sua mancanza.
A 25 anni dallo storico tour Fabrizio De Andrè - PFM, eccoli ancora sul palco, senza Faber, i cinque "vecchietti" del progressive italiano, che si prendono in giro per la vista e la memoria corte, con i foglietti dei testi e gli occhiali, a litigare con leggii e mollette."Questa è roba da cantautori" dice Franz in un impeto d'orgoglio “Noi saremmo una rock band!!" ma subito dopo riconosce come proprio dai cantautori ("Gente che leggeva tanto più di noi!") e soprattutto da De Andrè abbiano imparato a raccontare con le canzoni.
Fatta la pace con l'ultima molletta, ecco subito "Bocca di Rosa", e la voce di Franz ricorda così bene quella di Faber. E il violino di Lucio Fabbri, la chitarra di Franco Mussida, il piano di Flavio Premoli, il basso di Jean Patrick Djivas. Tutto è incredibilmente come allora. Poi, in successione, "La guerra di Piero", "Un giudice" con una favolosa fisarmonica suonata da Flavio Premoli, e subito dopo Mussida che canta "Giugno 73". Due parole per ricordare "la Buona Novella", l'album di De Andrè che fu forse il primo "concept album" italiano, ed ecco "Maria nella bottega del falegname" e "Il testamento di Tito". Ancora Mussida che canta in sardo "Zirichitaggia", con un fisicissimo Franz Di Cioccio alla batteria, (e quando c'è lui a pestare sui tamburi sembra che la ritmica metta il turbo), ed ecco "Volta la carta", una Giga scatenata che vede ancora Franz correre e saltare sul palco. La dolcissima favola di "Marinella" ci porta verso la fine della prima parte del concerto, introducendo la toccante "Amico Fragile", 10 minuti di intensissimo pathos.
Il gruppo si compatta al centro del palco per salutare Faber e, senza pausa, ricomincia a suonare.
Ora è la volta della PFM, un concerto in puro progressive, con il violino di Lucio Fabbri che ricorda a tratti quello di Ray Shulman dei Gentle Giant, e i suoni del Moog di Premoli che giocano con Djivas che, come dice Franz, a volte "Pastorizza", e a noi viene da dire che anche "Levinizza" (il sound di Tony Levin aleggia). E allora un paio di brani dall'album "Photos of Ghost", un toccante ricordo di Demetrio Stratos con "Maestro della voce" (maestro di cui Franz ha perfettamente assimilato la lezione) la più pop "Suonare Suonare" e per finale ancora De Andrè con "Il Pescatore".
Giù dal palco il tempo per bere un goccio d'acqua, e il pubblico fa venire giù il teatro per richiamarli. Franco Mussida dice: "Vogliamo farvi ascoltare un paio di cose nuove", e dopo un’introduzione molto d'atmosfera parte "Impressioni di settembre" e quasi attaccata "E' Festa". Ancora 10 minuti di giochi e scherzi col pubblico e la magia finisce, lasciandoci incantati davanti a quella calda serata d'agosto con l'abbraccio tenero del Teatro Romano che dolcemente si scioglie per lasciarci andare.
E tu dici che è facile?

Pino Fiale


(tratto da http://www.livepoint.it/News_articolo.asp?art=1560 - articolo non più disponibile sul web)